Conosciamo gli studenti Mattia e Alberto, da poco tornati da un bootcamp su tech e innovazione in Silicon Valley.
Alberto: Io e Mattia siamo stati selezionati per un bootcamp di 7 giorni in Silicon Valley, durante il quale abbiamo avuto la possibilità di partecipare a workshops con speaker che lavorano in grandi aziende come Logitech e Tesla, ma anche incontri con founders di startup, momenti di networking e visite in aziende tech tra cui Meta e Google. Il tutto nel contesto della Silicon Valley e di San Francisco…Per noi è stata un’esperienza davvero intensa che ci ha permesso di crescere sia a livello personale che professionale.
Mattia: Le giornate erano organizzate con incontri sia al mattino che al pomeriggio, che si tenevano presso le sedi delle aziende o nel centro di San Francisco. Solitamente i talk seguivano questa scaletta: ogni mentor condivideva la propria storia e le lezioni apprese durante il proprio percorso professionale, poi si apriva una sessione di Q&A. Sorprendentemente, questi incontri duravano circa 3 ore al mattino e 3 ore al pomeriggio, per un totale di oltre 7 ore dedicate a discussioni su business, idee e progetti. Sì, più di 7 ore perché anche durante i pasti si continuava incessantemente a parlare di idee, progetti e sogni. Questo creava l’impressione che tutto fosse facile da realizzare e c’era sempre qualcosa di interessante di cui discutere.
Mattia: Sì, assolutamente. La prima volta che sono tornato in Campus mi sono sentito come se fossi ancora in Silicon Valley. Nel nostro Campus l’ambiente è giovane, sia per l’età delle persone sia per la mentalità aperta e dinamica e questo porta ad avere molta energia e ottimismo nei discorsi che si creano e nei progetti personali di noi studenti.
Un altro aspetto che mi ricorda la Silicon Valley è il concetto di serendipity, cioè quanto sia probabile fare scoperte o trovare opportunità incredibili per puro caso. In H-FARM College ci sono innumerevoli opportunità anche grazie ai talenti che si trovano a studiare insieme qui, in un unico posto, e come in Valley, se hai un briciolo di intraprendenza puoi veramente fare cose straordinarie.
Alberto: In Silicon Valley l’atmosfera è magica, si respira un’aria di tranquillità e di pace, come nel nostro Campus immerso nel verde, ma allo stesso tempo il ritmo è molto veloce e la voglia di innovare è sempre presente. La somiglianza più evidente con H-FARM l’ho notata nel focus verso le persone, si dà molta rilevanza alla loro storia e alla loro voglia di mettersi in gioco e dare spazio alla creatività per risolvere problemi.
Parlando con alcune persone che lavorano lì abbiamo capito come tutto sia sempre proiettato al futuro e ciò che rende speciale questi ambienti è la grande internalizzazione, molte culture che si incontrano e comunicano tra loro accomunate però da un obiettivo comune…La voglia di creare impatto e costruire qualcosa di concreto.
Alberto: In Italia non si pensa al concetto che tutto sia possibile, questo proviene dalla nostra mentalità che spesso non dà una possibilità al rischio.
In America il concetto di fallimento spesso legato al mondo startup non è un fattore negativo ma un’occasione per imparare ed arricchire il proprio bagaglio di esperienze.
Questo modello pessimista, presente in Europa, purtroppo brucia tantissime risorse e non dà la possibilità alle persone di esprimersi al massimo.
Mattia: In italia ci stiamo lavorando, e secondo me realtà come quella in cui studiamo sono un segnale fortissimo del cambiamento che noi giovani stiamo cercando di portare. Io sono un ottimista cronico, ma credo davvero, vedendo i miei coetanei, che il cambiamento di mentalità stia realmente avvenendo e penso che in una decina d’anni potremmo essere quasi al livello americano. Questo sarebbe il mio American-Italian Dream: un’Italia che crede nei giovani e spinge sull’innovazione e nel mondo startup.
Mattia: Per me l’America è stata come una scarica di adrenalina, piena di stimoli e sogni che mi hanno aiutato a capire cosa si cerca davvero nel mondo del lavoro. San Francisco è una città che vive 10 anni di innovazione avanti rispetto all’Italia, credo il valore aggiunto principale sia stato proprio guardare cosa funziona lì, riportarlo in Italia e adattarlo al mio percorso di studi.
Alberto: Ritengo che questo viaggio sia il pezzo di un puzzle che si sta componendo di volta in volta. Fare esperienze extracurriculari di questo genere, in parallelo al percorso di studi, è fondamentale perché ti rende consapevole di ciò che ti aspetta nel futuro lavorativo e capisci dinamiche, trend e “regole non scritte” che purtroppo è difficile comprendere se ci si focalizza solo nello studio.
Alberto: Un incontro speciale è stato sicuramente quello con Dario, un ragazzo che lavora in Google a San Francisco. Ho apprezzato il fatto che durante le nostre chiacchierate non si sia focalizzato solo sull’aspetto business ma anche sul lato umano, dandomi spunti di riflessione molto interessanti. Ho appreso il concetto di serendipity, che già faceva parte della mia indole, ma non ne ero del tutto consapevole.
La serendipity è quella ricerca costante della propria strada mettendosi continuamente alla prova attraverso nuove sfide e contesti, che a loro volta possono aprire nuove strade e opportunità.
Penso che questo sia il segreto per chi, come me, vuole trovare il proprio percorso professionale, perché durante l’università ci sono tantissime opportunità per mettersi in gioco e definire uno step alla volta ciò che si vuole diventare.
Mattia: Tra tutte le lezioni che mi porto dietro da questa esperienza una in particolare è il “tell it to the world” che mi è stato detto durante uno degli eventi di networking, da Justin, un senior engineer in Meta. Spesso noi italiani siamo super tecnici, ma non raccontiamo ciò che abbiamo fatto, i nostri successi e le nostre storie. Gli americani sono dei mostri al confronto: bravissimi a vendersi anche al costo di vendere aria.
Ovviamente l’insegnamento non è vendere aria, ma imparare a raccontarsi, partendo da ciò che abbiamo già fatto.